Come di consueto è stata pubblicata nella serata di giovedì la motivazione della sentenza numero 35/2017 della Consulta sulla legittimità costituzionale dell’Italicum, che illustra le ragioni della decisione i cui caratteri essenziali erano già stati resi pubblici lo scorso 25 gennaio tramite comunicato stampa: bocciatura del ballottaggio e sostituzione del criterio di libera scelta con quello del sorteggio per il deputato che risulti eletto in più collegi plurinominali. Tutte le altre questioni sollevate dai giudici a quibus sono state ritenute inammissibili, ivi compresi il premio di maggioranza, la soglia di sbarramento unica al 3% e le pluricandidature dei capilista bloccati.
In sintesi dalla sentenza della Corte fuoriesce un sistema proporzionale con lieve correttivo maggioritario per la legge elettorale della Camera da leggere in combinato disposto con il sistema del Senato che prevede un proporzionale puro con soglie di sbarramento molto alte, anche in questo caso frutto della sentenza 1/2014 della Consulta. In sostanza due leggi elettorali dall’evidente finalità maggioritaria come il Porcellum e l’Italicum sono state trasformate dalla Corte costituzionale in due sistemi ibridi e confusi con soglie di sbarramento sfalsate tra un ramo e l’altro del Parlamento ed un premio di maggioranza previsto solo alla Camera dei deputati. Inoltre sic stantibus rebus si andrebbe a votare alla Camera in 100 piccoli collegi plurinominali con capolista bloccato e doppia preferenza di genere mentre al Senato in 20 vasti collegi regionali a preferenza unica.
È palese che il sistema nel suo complesso sia immediatamente applicabile solo sul piano teorico perché è francamente bizzarro che la Corte possa ritenere legittimo sul piano dei principi di rappresentatività e governabilità un quadro così composito: se si andasse a votare domani l’unico risultato ragionevolmente prevedibile consisterebbe in un blocco istituzionale del Paese, data l’estrema difficoltà di formare un nuovo governo seppure mediante il solito espediente della grande coalizione. Si faccia attenzione perché Weimar è dietro l’angolo e in caso di mancata razionalizzazione di due leggi elettorali “taglia e cuci” l’Italia rischia seriamente di precipitare in quel parlamentarismo inoperoso dal quale poi è complicato venire fuori se non mediante una radicale frattura costituzionale.
Ma veniamo alle motivazioni della sentenza, che forse lasciano intravedere uno spiraglio di luce, superfluo in assenza di un’azione politica puntuale e capace di privilegiare il principio di governabilità rispetto alle solite rendite di posizione. Leggiamo infatti al punto 6 delle considerazioni in diritto che la soglia minima del 40% “non appare in sé manifestamente irragionevole, poiché volta a bilanciare i principi costituzionali della necessaria rappresentatività della Camera dei deputati e dell’eguaglianza del voto, da un lato, con gli obbiettivi, pure di rilievo costituzionale, della stabilità del governo del Paese e della rapidità del processo decisionale, dall’altro” , specificando inoltre la salvaguardia della discrezionalità del legislatore in materia elettorale e l’estromissione della “ valutazione sull’entità della soglia minima in concreto prescelta dal legislatore” dal sindacato dei giudici costituzionali.
Di seguito facendo riferimento alla sent. 1/2014 che aveva dichiarato illegittimo il premio si motiva come tale decisione fosse ancorata essenzialmente all’assenza di una soglia minima di ragionevolezza. Passando al punto 9 la legittimità costituzionale del ballottaggio viene trattata in riferimento alla tre questioni sollevate dai giudici a quibus: l’assenza di una soglia minima di voti validi per accedere al ballottaggio (che non garantirebbe sufficiente rappresentatività in un sistema politico molto frammentato), la mancata considerazione del quantum di astensione al secondo turno (si calcolerebbero i soli voti validi) ed il divieto di apparentamento tra liste dopo il primo turno. La Corte nell’accogliere le tre questioni premette che il legislatore ha tenuto fede alle precedenti indicazioni della giurisprudenza costituzionale in favore della possibilità di un secondo turno di ballottaggio (ritenuto virtuoso nel caso dei comuni in quanto garantisce allo stesso tempo rappresentatività e governabilità).
Tuttavia ciò che non convince la Corte sono le “concrete modalità” di attuazione poiché, vietando il collegamento tra liste, non prevedendo una soglia minima di rappresentatività per accedere al secondo turno e mantenendo la stessa ripartizione percentuale dei seggi del primo turno, “il ballottaggio non è che una prosecuzione del primo turno di votazione, il premio conseguentemente attribuito resta un premio di maggioranza, e non diventa un premio di governabilità.” Ma la parte più interessante della motivazione è quella conclusiva nella quale la Corte chiarisce come non sia il ballottaggio in sé a risultare costituzionalmente illegittimo ma piuttosto il fatto che sia innestato su una formula prevalentemente proporzionale, con premio di ballottaggio assegnato su collegio unico nazionale con voto di lista. Un sistema indubbiamente atipico e profondamente diverso da quegli altri ordinamenti che prevedono un secondo turno ma in un contesto maggioritario con piccoli collegi uninominali nel quale il ballottaggio non si risolve nell’assegnazione di un premio di maggioranza volto ad assicurare la composizione di una maggioranza parlamentare bensì è necessario per ridurre le candidature ed ottenere l’elezione di un solo candidato che rappresenti quel determinato collegio. Perciò a risultare illegittimo è il ballottaggio nel sistema a prevalenza proporzionale, dal momento che si tratta di un istituto compatibile con una differente logica elettorale.
Concludendo mi vorrei soffermare su una particolare questione già affrontata precedentemente, cioè la competenza della Corte ad esprimersi con sindacato di legittimità costituzionale sulle leggi elettorali, materia in cui la discrezionalità del legislatore dovrebbe essere massimamente garantita. In relazione alle eccezioni presentate dall’Avvocatura dello Stato, la Corte ha richiamato la sent.1/2014 nella quale motivava, allo scopo di evitare le c.d. zone franche nel sistema di giustizia costituzionale, “l’esigenza che non siano sottratte al sindacato di costituzionalità le leggi, quali quelle concernenti le elezioni della Camera e del Senato, che definiscono le regole della composizione di organi costituzionali essenziali per il funzionamento di un sistema democratico-rappresentativo e che quindi non possono essere immuni da quel sindacato”. Trattasi di problema relativamente recente dal momento che mai prima del 2014 la Consulta si era espressa su una legge elettorale. Ora, attestato che la Corte ritiene di non poter sottrarre la materia al suo sindacato, ritengo assolutamente necessario introdurre il ricorso preventivo di legittimità costituzionale sulle leggi elettorali con annesso obbligo della Corte di pronunciarsi entro 30 giorni, che era stato giustamente inserito al nuovo art. 73 ma bocciato il 4 dicembre insieme al resto della riforma. La sovranità del Parlamento in questa materia non può e non deve essere messa a repentaglio da decisioni di altri organi costituzionali che assomigliano a delle mine vaganti che nessuno sa quando possono esplodere.
L'articolo Italicum, la Consulta vorrebbe l’Italia come la Repubblica di Weimar sembra essere il primo su Il Conservatore.
Fonte: http://www.ilconservatore.com/politica/italicum-la-consulta-vorrebbe-litalia-la-repubblica-weimar/
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