“Non ci sono sufficienti garanzie di portare avanti un’agenda comune per riformare l’Europa. Non c’è abbastanza terreno comune”. Con queste parole, il capogruppo dell’Alde, Guy Verhofstadt, ha annunciato la rinuncia all’alleanza in Europarlamento con il Movimento 5 Stelle, che qualche ora prima aveva ratificato con il voto online l’uscita dal gruppo Efdd e l’ingresso nell’Alde. Per i grillini, quindi, un progetto finito male prima ancora di iniziare. “Rimangono differenze fondamentali sulle questioni europee chiave” ha detto l’ex premier belga, che tuttavia ha sottolineato come “nelle questioni degli interessi condivisi, come l’ambiente, la trasparenza e la democrazia diretta, il gruppo Alde ed il Movimento 5 Stelle continueranno a lavorare strettamente insieme”. La conseguenza per il M5s è solo una: a Bruxelles finirà nel gruppo dei non iscritti.
Incassato il niet da Verhofstadt, dal Movimento si sono affrettati a spiegare che a sancire il mancato ingresso nel terzo gruppo più grande dell’Europarlamento è stato “l’establishment”. “Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi – si legge in una nota del M5s Europa – Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima”. Quindi, ricapitolando, i 5 stelle, quelli che hanno costruito un’intera epopea politica con urla anti-sistema, con slogan populisti e con un’illusione di poter rappresentare un’alternativa all’establishment attuale, ora si lamentano di avere l’establishment contro di loro. Misteri della politica.
Ma ciò che lascia davvero allibiti di questo naufragio pentastellato è il modo in cui Grillo e i suoi hanno deciso di fare seppuku. Cantori di un sistema politico che avrebbe dovuto prevedere l’abbattimento del criterio di rappresentatività, con le decisioni politiche da suggerire agli eletti in parlamento tramite democrazia diretta e voti online, i 5 stelle si accorgono non solo di avere due figure nel vertice alto della piramide che prendono decisioni per tutti, ma anche di avere completamente stravolto il significato stesso del termine democrazia.
Alle elezioni politiche del 2013 il Movimento 5 Stelle aveva ricevuto 8,7 milioni di voti per eleggere 109 deputati, e 7,4 milioni di voti per eleggere 54 senatori. A maggio 2014, invece, complice un calo contenuto ma comunque abbastanza sensibile, le preferenze riscosse per le elezioni europee erano state 5,8 milioni (17 seggi). Ebbene, il raggruppamento europeo in cui aderire tra quelli presenti a Strasburgo è stato scelto online da 40.654 iscritti certificati, cioè lo 0,7% dell’elettorato grillino (con riferimento alle europee): 31.914 di questi iscritti hanno optato per il passaggio con Alde. Può mai essere definita democrazia diretta quella forma decisionale che permette a meno dell’1% dell’elettorato di un partito di prendere le decisioni per tutti?
Dunque: tolto il principio dell’1 vale 1 (dacché è Grillo che decide sul garantismo e Grillo che indice una presunta elezione online per uscire da un gruppo del parlamento europeo senza consultare nemmeno i parlamentari), tolto il giustizialismo (grazie al quale i 5 stelle si erano da sempre posti come paladini di onestà e trasparenza, tolto l’antieuropeismo (poiché l’Alde è un gruppo di partiti liberali e fortemente europeisti), tolta persino l’utopia della democrazia diretta, cosa resta del Movimento 5 Stelle?
L'articolo La genesi della porta in faccia a 5 stelle: 40mila decidono per 6 milioni sembra essere il primo su Il Conservatore.
Fonte: http://www.ilconservatore.com/politica/la-genesi-della-porta-faccia-5-stelle-40mila-decidono-6-milioni/
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