di ROMANO BRACALINI – Il raglio più alto e vigoroso che s’era levato alto sul coro dei dissidenti per
ordine di scuderia è stato quello di Dario Fo, in elegante mise invernale, con sciarpa attorno alla pappagorgia cardinalizia, il quale anche se non lo fila più nessuno interviene ormai su tutto, pontifica su tutto e non c’è argomento d’apparente rilievo sociale che non lo riguardi.
Così avevano voluto mettere il becco anche nell’Ambrogino criticando la scelta di assegnarlo all’Oriana Fallaci, con l’esempio anche personalissimo di Nobel per caso che un premio non deve rispondere tanto a criteri indiscutibili del valore e del merito quanto a quelli dell’appartenenza e della militanza politica.
Il premio Stalin rispondeva ai medesimi imperativi di golosa aspettativa in quanti ambivano ad esserne insigniti;la stessa cosa si può dire dello screditato premio Nobel che sul filo di un maccartismo all’incontrario e di un terzomondismo ipocrita e untuoso ha insignito campioni di democrazia e di progresso quali Arafat e da ultimo lo stesso Fo, più noto per i suoi trascorsi nazifascisti e lazzi di guitto sotto il tendone.
Ma a sinistra la tentazione della confessione e dell’annientamento fisico del nemico resta forte; e siccome un qualsiasi riconoscimento, soggetto com’è per natura a tutti i ricatti e a tutte le pressioni, lo si può sempre adoperare come merce di scambio o premio di consolazione, ecco che il capogruppo DS
al Comune, Fiano, aveva avuto la bella pensata, a parziale risarcimento del premio assegnato alla Fallaci, di conferire l’Ambrogino anche al giocatore ivoriano Marc Zoro, vittima del “razzismo” da stadio, ragionando che il premio a un nero africano avrebbe compensato l’ingiuria dell’Ambrogino a una una scrittrice “razzista”, come s’era espresso l’ex repubblichino Fo, che non aveva nemmeno il pudore dei ricordi. Se non che, scavando nelle cronache, s’era scoperto che questo Zoro aveva l’abitudine congenita di recitare la parte del “povero negro”; così aveva raccontato che nei negozi di Milano “lo guardavano male” e nei ristoranti “lo facevano aspettare senza badare troppo a lui”, ma poi messo alle strette ritrattò; insomma
non era vero nulla.
Il “razzismo” vero o presunto, senza contare quello all’incontrario che però non conta, sta diventando un’arma di ricatto e di intimidazione formidabile in mano ai razzisti veri, quelli che in nome del totalitarismo musulmano, la peste del XXI secolo, vorrebbero buttare il crocifisso nella spazzatura, abolire il Natale, imporci le loro usanze d’oppressione della dignità della donna (con silenzio assenso delle femministe di sinistra) e financo prescriverci la loro dieta nelle nostre scuole con la soppressione dei cibi non graditi; quelli che col pretesto dell’istigazione all’odio razziale”, (che è poi quello predicato dal nuovo fascismo musulmano con le bombe e i coltelli e il sangue sparso nelle nostre città) limitano la nostra libertà d’espressione conquistata in secoli di lotta all’oscurantismo e al dogma, ed oggi messa nuovamente in pericolo dall’inquisizione musulmana che pretende di spadroneggiare in casa nostra. Passi lunghi
e ben distesi.
Posso dire, senza essere tacciato di razzismo, che il totalitarismo islamico non mi piace, come non mi piace il fascismo, il nazismo e il comunismo? E com’è che invece i musulmani possono dichiarare di odiare e di voler cancellare Israele dalla carta geografica, chiamarci “cani infedeli e porci” (della qual cosa non me ne frega nulla!), disprezzare la nostra religione e la nostra civiltà (salvo servirsene essendo incapaci di concepire un pensiero di modernità) senza incorrere nella medesima accusa?
E’ stata la nuova inquisizione musulmana a denunciare Oriana Fallaci al tribunale di Bergamo e a mandare al rogo i suoi libri come facevano Torquemada e Goebbels, maestri di scuola dei nuovi tiranni musulmani, dal bacucco Khomeini al “terrostista” Ahamadinjad, negazionista dell’Olocausto, nello spettacolo ilare e demente delle bandiere americane e israeliane date alla fiamme dalle folle fanatiche, sdentate e cenciose.
Come può il mondo civile occidentale convivere con questo avanzo di medioevo arabo musulmano che ci combatte al nostro interno con i mezzi delle nostre stesse liberalità senza reagire?
Una certa certa Halima Barre del sito arabo “Salam (E) lik” ha spiegato in un comunicato che si sono costituite parti civili contro la Fallaci oltre alla “Islamic Anti-defamation league”, un fantomatico “Comitato africano per l’integrazione”, una non meglio precisata “Score Italy”, e persino una “Tunisia democratica” (sic).
Tutte contro la Fallaci per amor di virtù, come se non si sapesse che il vero assoluto e fattivo contributo del 3-4% della popolazione straniera residente in Italia è un 35% abbondante di detenuti extracomunitari nelle patrie galere. Ovviamente l’Ambrogino d’oro alla Fallaci non l’hanno digerito. Ecco allora che per mandare giù il boccone quelli della sedicente “Islamic Anti-defamation league” assegnarono il premio della mezzaluna (!) al sindaco comunista di Firenze, Leonardo Dominici, per il solo merito d’aver rifiutato di conferire il premio Fiorino, l’equivalente fiorentino dell’Ambrogino, alla sua più illustre concittadina rea di aver denunciato il degrado di Firenze decaduta al rango di tavola calda e di bazar africano levantino.
La Fallaci aveva descritto gli arrogantissimi ospiti della città: «Gli albanesi, i sudanesi, i bengalesi, i tunisini, gli algerini, i pakistani, i nigeriani che con tanto fervore contribuiscono al commercio della droga. E, con loro, i venditori ambulanti che infestano le piazze per venderti la matita. I venditori stabili che espongono
la merce sui tappetini posati sui marciapiedi. Le prostitute ammalate di silifide e di Aids che bivaccano anche lungo le strade di campagna. I ladri che ti assaltano mentre dormi nel tuo letto e guai se alle loro rivoltellate rispondi con la tua revolverata». Ed ecco da un radio-registratore sempre acceso, «la vociaccia sguaiata d’un muezzin che puntualmente esortava i fedeli, assordava gli infedeli, e soffocava il suono delle campane. Insieme a tutto ciò, le gialle strisciate di urina che profanavano i marmi del Battistero… » .
Milano, che per fortuna non ha i caratteri faziosi e gretti di Firenze, ha reso omaggio al coraggio civile di Oriana Fallaci. Invece proprio la sua città, Firenze, avvilita e umiliata da un’amministrazione mediocre, arrogante e burocratica, l’ha messa all’indice confermando la propensione cittadina a cacciare i talenti e a tenersi le mezzecalzette. La città di Leonardo e Machiavelli scaduta a tale livello.
Insieme al sindaco di Firenze, la “Islamic Anti-Defamation league”, aveva premiato anche il sindaco di un
comune meridionale che aveva cancellato la strada dedicata al caduti italiani di Falluja per intitolarla al satrapo Arafat morto ricco sfondato. Un premio che qualifica chi lo dà e chi lo
riceve. I vetero comunisti sono diventati gli “utili idioti” del fascismo musulmano e non se ne sono ancora accorti.
Fonte: http://www.lindipendenzanuova.com/quando-milano-conferi-lambrogino-a-oriana-fallaci/
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