lunedì 19 dicembre 2016

Cari politici che non avete mai lavorato un giorno, ci avete rotto le palle! Vogliamo lavoratori e imprenditori veri per governare casa nostra!

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di ROBERTO BERNARDELLI E STEFANIA PIAZZO – C’erano una volta uomini e donne che arrivavano a fare politica per passione, coltivavano l’attività di partito accanto al proprio mestiere, alla professione e ad una laurea, insomma. Dopo aver studiato e fatto gavetta, dopo aver superato un esame di stato, avevano intrapreso la strada del lavoro, magari anche con successo. In estrema sintesi, in politica ti affermavi quando avevi anche un curriculum, sia che tu fossi lavoratore o imprenditore. Sapere come arrivare a fine mese fa la sua bella differenza se devi fare un bilancio, tagliare le spese, pensare a nuove tasse… Faceva la differenza avere la stima della tua comunità, non essere una presenza silenziosa.

Oggi invece non è così. Oggi abbiamo a che fare con la classe politica più sciatta che sia mai passata sotto i ponti della Repubblica fondata sul posto fisso dei politici che non hanno mai lavorato un giorno.

Il loro curriculum? Sono entrati a 18 anni nella sede del partito e a 40 sono ancora lì. Idem i loro compagni di cordata, ovvero i loro fedelissimi. Non ce ne voglia nessuno, ma i Matteo che abbiamo, quello che ci ha appena governato, e quello che aspira a fare il leader futuro dell’Italia unita, Renzi o Salvini, non hanno mai lavorato tanto quanto i loro elettori, quanto i contribuenti, quanto un lavoratore che porta a casa 1.200 euro al mese, quanto un imprenditore che ci mette del suo ogni giorno per rischiare, assumere, innovare, misurarsi col mercato.

E che dire davanti ad un parlamentare che ha passato la meta dei suoi anni alla Camera o al Senato? Ha lavorato per 5-10 anni forse, a dir tanto. Il resto solo politica, di mestiere, di professione. Una metastasi italiana che ha contagiato tanti padani, che si giustificano con l’esibire l’esperienza in fare leggi, nel portare avanti cause di pensiero. Quali? Ma perché non andate a lavorare sul serio, vista la pochezza imbarazzante della legislazione prodotta?boschi

La politica dei nullalavoranti, dei ministri degli Esteri che non sanno l’inglese, dei ministri dell’Istruzione senza diploma superiore, dei sottosegretari alla presidenza del consiglio promossi dopo che il 70% degli italiani gli hanno bocciato il referendum,  non ha mercato, non si misura con nulla, non è richiesto curriculum, non è richiesto titolo di studio, non passi un concorso, non ti devi essere fatto il culo da qualche parte per avere successo. Gente che non ha mai lavorato un giorno, che non ha mai chiesto un mutuo in banca da cittadino normale o da imprenditore senza tessera di partito, governa, comanda, ambisce a gestire il potere, il denaro, i posti di controllo, le nomine degli enti. Decide chi deve essere eletto. Vota le leggi.

Ci chiediamo se tra i lombardi, i veneti, la gente del Nord, non vi siano lavoratori e imprenditori degni di poter fare bene e meglio rispetto ai chiacchieroni di partito che campano senza avere guadagnato un anno di buste paga o, se c’erano, guadagnate con poche ore di lavoro al giorno, al resto ci pensa sempre il partito.  Assunzioni “politiche”, coperture contributive garantite per avere il tempo per fare politica: si chiamano “i nobili fini”.fedeli

Cari politici che non avete mai lavorato, ci avete rotto le palle.

Persino i 5Stelle, a Roma, hanno messo un imprenditore a fare il vice del sindaco. Un veneto. Per di più. E con 70 anni passati. Dunque, non è questione di giovinezza ma di capacità e di dignità professionale. O ce l’hai non ce l’hai. Chiedete al vostro politico preferito se ha qualcosa da dire del suo lavoro. Chiedete a voi stessi che storia lavorativa avete. Scoprite dunque la differenza.

Vogliamo in politica cittadini che lavorano, imprenditori che rischiano, persone che guadagnano il pane con meritocrazia. Non c’è differenza tra i burocrati e i politici di professione: se lavorano male, guadagnano sempre, nessuno gli taglia lo stipendio, nessuno li sospende.ALFANO

E’ populismo? Affatto!!!! In questo paese manca una élite, e non intesa come classe dirigente aristocratica lontana dal popolo, ma, anzi, come classe di potere preparata, a cui si accede per merito, a differenza delle oligarchie di partito a cui oggi si accede per nascita o per carrierismo!

Huizinga, storico olandese, scriveva: «Solo la commistione di un elemento aristocratico (elitario) rende la democrazia sostenibile e vitale. Se manca questo elemento, la democrazia è esposta al rischio di precipitare nella rozzezza e brutalità delle masse». E Gerd-Klaus Kaltenbrunner, in Élite. Educazione per il caso serio (Elite. Erziehung für den Ernstfall, 2008-http://www.lindipendenzanuova.com/educare-per-i-tempi-bui-come-sfruttare-le-elite-educare-per-i-tempi-bui-il-nuovo-coraggioso-libro-della-xy-editore/), denunciava gli effetti devastanti della politica dell’egualitarismo a tutti i costi. Cosa scrive il filosofo tedesco? Sostiene in sostanza che dove dove non si educa un’aristocrazia, una classe dirigente (letteralmente aristocrazia vuol dire “governo dei migliori”, a prescindere dal ceto, dal 730, dalla ricchezza personale) in forma assolutamente consapevole e trasparente, si creano delle voragini per élites invece  funzionali e spesso occulte, alle   «oligarchie», al governo di pochi. Di pochi raccomandati o di pochi che non hanno titoli. E nel nostro Paese, la classe dirigente è sciatta, inesistente, vuota di rappresentanza. Rappresenta se stessa. Non abbiamo una “élite”, non produciamo il governo dei migliori ma del peggio o, al massimo, del meno peggio. Non è forse così?!

“A rappresentare il governo ci sono i tecnocrati, i burocrati, altri oligarchi. E via discorrendo! Dove si crea il vuoto di competenze, la massa finisce con l’avere come modello di riferimento il “tamarro”, ricco o povero che sia (il secondo guarda al primo come al proprio fine e il primo si compiace solo e semplicemente di marcare il distacco dal secondo, cui è accomunato dalla propria assenza di ideali). Il decadimento del gusto, il prevalere del kitsch, l’assenza di educazione e di percezione estetica e l’affermazione del potere in quanto mero possesso sono solo alcuni dei tratti più caratteristici della massificazione di quel che un tempo aveva ancora i caratteri di un “popolo” (scriveva così Giuseppe Reguzzoni di recente su Il Sussidiario e su lindipendenzanuova.com a proposito di classe dirigente, http://www.lindipendenzanuova.com/servono-politici-che-abbiano-un-po-studiato-li-vedete-in-giro-abbiamo-bisogno-di-vera-elite/). Abbiamo anticipato il Sole24Ore….

Non so quanti di voi abbiano l’abitudine o il piacere di leggere la domenica l’inserto culturale del Sole24Ore. A parlare di decadenza della classe politica in termini di assenza totale di élite, c’è arrivato infatti l’altro giorno (alla buon’ora), anche il quotidiano economico. “Un Paese senza élite”, titola, citando un saggio di Pasquale Villari, “Di chi è la colpa”, analisi della disfatta unitaria.

“Vince la guerra chi, come i prussiani, può contare su un sistema produttivo efficiente e dinamico; ma – argomenta Villari – possiede un sistema produttivo simile soltanto chi ha una burocrazia efficiente (e l’Italia ha invece il moloch insieme pletorico e inadeguato che si è descritto) e un sistema educativo solido e aggiornato ai tempi. L’educazione italiana non ha saputo veramente arrivare al popolo, e si è fondata troppo a lungo sulla retorica e sulla propagazione di un vacuo umanesimo”… si legge nel servizio di Claudio Giunta.

Non è vero che siamo tutti uguali. Siamo diversi. Chi lavora e fa impresa è decisamente diverso, per responsabilità e senso civico, rispetto a chi non ha mai lavorato. “L’uguaglianza nelle opportunità, per quanto utopica, non ha comunque nulla a che fare con l’uguaglianza dei compiti e degli obiettivi e con la necessaria diversità di formazione che ne consegue. La sciatteria, la mediocrità, l’approssimazione che segnano la deriva delle democrazie occidentali è inversamente proporzionale alla capacità di resistenza che ciascuna di esse ha saputo dimostrare davanti all’irruzione dell’egualitarismo postsessantottino” (scriveva ancora di recente Reguzzoni sulla rivista Tempi, http://www.tempi.it/elite-e-morta-viva-elite).

Ci ricordava il vecchio saggio di Villari che “La mediocrità è una potenza livellatrice, vorrebbe ridurre tutti gli uomini alla sua misura, odia il genio che non comprende”. E dunque, ha bisogno di masse che non possano decidere. Ci pensano i “giovani” che non hanno lavorato un giorno,  “giovani liberali senza cultura e senza esperienza, in nessun modo in grado di amministrare una nazione”. Era il 1861, e oggi non è cambiato nulla.

 

 



Fonte: http://www.lindipendenzanuova.com/cari-politici-che-non-avete-mai-lavorato-un-giorno-ci-avete-rotto-le-palle-vogliamo-lavoratori-e-imprenditori-veri-per-governare-casa-nostra/

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